domenica 15 agosto 2010

Ciao cari amici...

( Daniela Quieti ed io all'Eremo di Santo Spirito)

( "Madre" Majella)


La Chiesa Madre di San Valentino e Damiano (di Vanvitelli, architetto di Trinità dei Monti) dove prese i voti mio zio Nicola



Carissimi amici,
le mie vacanze abruzzesi sono finite...con tanto rammarico.
Al momento dei saluti con Fiorella, la mia cara bellissima albergatrice, dallo sguardo marino blu e malinconico, mi è venuto da piangere.
Non mi capita spesso, anzi, forse è la prima volta.
Grazie a tutti coloro che mi hanno accolto a braccia aperte nella loro terra, dalle mie anziane ma vivacissime cugine, a Daniela e Gabriele, straordinari ospiti e miei "Virgilio" delle terre dei miei nonni.
Grazie di avermi portato a San Valentino in Abruzzo Citeriore, a casa della "nonna", ad Abbateggio, sulla Majella nello straordinario Eremo di Santo Spirito rifugio del Papa Eremita del Gran Rifiuto Celestino V.
Grazie a Fiorella, Rosalinda, Deanna, Katia e Orazio per l'ospitalità.
Grazie agli ortonesi che mi hanno riconosciuta per strada e mi hanno ringraziato per aver parlato della "nostra" cittadina. Vorrei fare di più per questa città martoriata dai bombardamenti e dall'incuria dello Stato e della politica...

E' poco, ma vi dedico questa poesia scritta nel mio primo viaggio abruzzese del 2005, dedicato proprio ad Ortona.


Vento d’Abruzzo

Vento d’Abruzzo,
vento natio,
brezza fresca
sferzante di freddo
anche nell’ora più calda

Eccomi, mi hai chiamato.
Ero lontana
e ora son qui.

Parlami con i sussurri
del sangue
di chi non ho mai conosciuto.

Portami le speranze
di chi si è immerso
con povere vele
in questo mare lucente.

Mostrami i baci e gli sguardi
impauriti
delle mie ave zitelle
dagli occhi brillanti
e poco casti,
il bianco e nero
delle loro vite
e delle loro fotografie.

Raccontami
i porti d’approdo
dello zio marinaio
bello e sfrontato
con le donne prosperose
a lui avvinte
e un po’ unte
dalla sua brillantina.

Regalami l’ironia pungente
e l’avventuroso fatalismo
della tua gente
martoriata dalle bombe
e dalla terra sassosa e ballerina.

Riportami per un attimo
la severa figura di mio nonno
e il suo sguardo onesto
e penetrante,
i suoi sogni di bambino
qui a guardare questo mare
e le sue valigie sempre
da fare.
A sfidare il mare.
E la guerra.

Sento la sua nostalgia
feroce come la nebbia
della mia
della sua
nuova terra
e la sento un po’ anche mia.
Perché atroce è la malinconia
di chi vive in luogo
senza radici.

O vento della mia sconosciuta patroa,
nato dalle montagne
della selvaggia Majella,
accarezza il mio volto
e le mie lacrime
di una vita lontana da te,
lontana dal mio vero
autentico sangue.

Sento un profumo nell’aria
E’ profumo di me,
della mia parte migliore
sempre pronta a partire,
sognare, esplorare
come i miei antichi paesani
che solcavano questo mare
per approdare in terre lontane.

Solo qui lo sento,
solo qui mi sento a casa.
Finalmente.

Anch’io di qui partirò
dopo essermi tanto arenata
e la vita navigherò
dissotterrando le ancore
troppo a lungo
fermate.

Vento d’Abruzzo,
portami lontano.
Ma che possa un dì ritornare.


(GCP)


Il Palazzo Farnese costruito da Margherita d'Austria



La spiaggia del Faro


Il Castello Aragonese di Ortona sulla Passeggiata Orientale

1 commento:

  1. Grazie a te, carissima Amica, per la condivisione di emozioni e sentimenti nel "vento" di una comune abruzzesità.
    E complimenti per la tua bella scrittura.
    Con affetto

    Daniela

    RispondiElimina