domenica 29 agosto 2010

Parole e numeri

Da qualche tempo su Facebook propongo ai miei "contatti" racconti che ho scritto tanto tempo fa, pubblicati sul quotidiano Libertà.
Per i miei "giusynauti" del blog vorrei fare lo stesso.
Sto pensando di raccoglierli in un libro.
Li sottopongo volentieri al giudizio di tutti gli amici che mi vengono a trovare qui.

Estate Libertà- I Racconti > Estate - I Racconti 2003


Parole e numeri



di Giusy Cafari Panico





Quella maledetta paura di scrivere.

Erano due anni che non scriveva. Non si sentiva più degna di farlo. Ogni volta che si accingeva a rendere concrete le idee che si affacciavano in lei, si fermava. Paralizzata.

Si rendeva conto che solo pensieri banali le galleggiavano in testa. Concetti omologati, parole standardizzate, come testi di un programma televisivo commerciale.

Sotto il galleggiamento, tuttavia, percepiva un ribollire continuo e incessante.

Cercava di pescare nel pozzo della sua interiorità quel mostro marino che la inquietava e nello stesso tempo la stimolava. Nulla. Pescava solo stracci e scarpe vecchie, già use e consunte, con grande insoddisfazione e irrequietezza.Da quando poi aveva ripreso il suo studio dei classici, ogni autore le si parava davanti con le sue invenzioni maestose, le sue trame sottili, le descrizioni accurate, mai scontate o noiose…La "Recherche" di Proust… quale dramma averla ripresa in mano dopo la faticosa e svogliata lettura della giovinezza… quei magnifici personaggi tratteggiati pian piano nel corso di un'opera mastodontica, sorpresi, come per caso, solo nelle loro attitudini più mondane, nei salotti, eppure caratterizzati ognuno con tale maestria da far trasparire tutta la loro vita anche al di fuori di quello scenario… Non sarebbe mai riuscita creare un personaggio come il Barone di Charlus o la signora Verdurin… Né tanto meno le mille altre letture che in quei lunghi mesi avevano riempito la sua insopprimibile esigenza di letteratura potevano alleviarle quel senso di estrema inferiorità.Tutto era già stato scritto, tutto già pensato… come l'arte figurativa postmoderna aveva abdicato all'innovazione, così, anche quella letteraria doveva forse rassegnarsi alla rinuncia della rappresentazione per rifugiarsi in qualcosa d'altro, forse nella non letteratura? O forse era solo la "sua" presunta arte letteraria che non era più arte, che non era nulla…Una scrittrice che non scrive… come un essere vivente che non vive…, un amante che non ama.

Perché i fili dei suoi ragionamenti interiori non la avvincevano più come un tempo, quando era costretta, anche per strada, a cercare un pezzetto di carta qualunque, persino uno scontrino di cassa, per trascrivere pensieri, emozioni, per non perdere quei pezzi di sé che altrimenti avrebbe perduto per sempre?

Dove ritrovare quello strano fuoco interiore che si alimenta da sé a prescindere dal successo o dall'apprezzamento della gente…

Cosa le mancava?

Haima sapeva che l'unica strada per ritrovare se stessa era quella di cercare la parola, le parole, le note musicali con le quali ogni scrittore sogna di creare la sua grande sinfonia.Le evocatrici di bene e male, le formule magiche che Dio ci diede per evocare il mondo, "universali" oggetti di secoli di dispute filosofiche, Verbo fatto carne o carne fatta Verbo …Haima si concentrava sul concetto di parola, per cercarla, per riconoscerla,per tornare ad amarla…Anche se le sfuggiva in ogni modo. Da ogni angolo della sua mente, da ogni ricordo, da ogni dialogo… Invano la rincorreva e cercava di afferrarla per depositarla e scriverla. Si ribellava, sbuffava, si contorceva e si divincolava.

Come fermarla?

Dove trovarne uno sciame per afferrarne al volo almeno una…

Non nei freddi numeri che la circondavano.

I numeri.

Senz'alcun dubbio era necessario che qualcuno se ne dovesse pur occupare. Come in un ingranaggio ogni pezzo è ugualmente importante per il corretto funzionamento, così per l'organizzazione delle attività del mondo era inequivocabilmente indispensabile che una percentuale di esseri viventi fosse applicata nella gestione dei numeri.E ad Haima era capitato di entrare nell'ingranaggio, perché la vita ti conduce anche dove non avresti voluto andare.Numeri, numeri, tanto freddi, tanto più pesanti e definitivi … quando invece la parola è leggera, vola nell'etere della fantasia e cattura come un acchiappafarfalle tutti i significati che ognuno vuole attribuirle… E se è pronunciata dalle diverse voci umane muta colore come un prisma, dal nero di chi se ne serve con spietatezza al rosa di chi la dice con animo delicato, al giallo di chi la fa uscire da sé carica di maligni sottintesi. Raramente una parola è circoscritta come un numero. Quando lo è - come in "morte"o "mai più", -diviene una maschera tragica, si tinge di viola e ci porta a contatto con la finitezza del nostro essere. Pur nella sua concisione e nel suo bastare a se stessa non esaurisce il pensiero di chi parla o scrive o ascolta. Morte: cinque lettere terribili a cui però si accompagna lo speranzoso dubbio se la morte sia davvero la conclusione di tutto… in definitiva se la morte sia la morte; mai più… due piccole parole accompagnate o dal timore che quello che si è concluso non accada più… o che, al contrario accada ancora.La parola è un ponte tra chi parla e chi ascolta, tra chi scrive e chi legge, mezzo di comunicazione senza spazio e senza tempo, che ci permette di comunicare con persone morte da secoli (morte quindi, ma dunque per tornare alle elucubrazioni di prima … veramente "morte"?) e abitanti nelle più lontane terre del mondo…Parole parole parole, quelle che non bucavano più il suo foglio di carta bianco che rimaneva illibato non come una giovane vergine in attesa del suo primo bacio, ma come una rugosa zitella che non sperava più nemmeno in una carezza.Così Haima si chiuse in una stanza, senza suoni, senza luce … in cerca di se stessa.

Non la trovò più.

Fece molta fatica a togliere dalla sua mente le mille banalità e affanni della vita quotidiana. L'olio sintetico e un po' dozzinale che faceva funzionare i famosi ingranaggi, fatto di abitudini, meccanicismi di occupazioni concrete a cui aveva dato un'importanza eccessiva, microcosmi lavorativi in cui non era altro che un numero, appunto, intercambiabile, divertimenti che appagavano la sua corporeità ma non il suo spirito.

Ecco dove si era persa.

Ecco dove i più si perdono, dimentichi dell'umanità e della scintilla divina che si esprime nelle nostre unicità, del nostro essere diseguali da tutti. Omologati, allineati, abbruttiti nel seguire la corrente, nell'essere semplici addendi, cambiando il cui ordine nulla cambia.

Numeri, numeri.

Non c'è nulla di male nei numeri, basta tenerli a bada e non considerarli altro che numeri, severi giudici della nostra vita, delle nostre ricchezze. Onesti connettori dei segreti dell'universo, comode grandezze per mettere ordine nel mondo.Ma dall'ordine non nasce arte.

Dall'ordine deve distaccarsi necessariamente una particella maleducata, ribelle che crea la dissonanza, la varietà, in definitiva… la vita.

Haima respirò a fondo e, sola e al buio, si dimenticò delle occupazioni recenti, delle sue banali rivendicazioni da travet e tornò bambina, con la voglia di conoscere il mondo e di farsi domande su tutto quello che vedeva, di conoscere tutte le parole… ogni parola che imparava era un pezzo di mondo che conosceva e si teneva dentro… come tanti software inseriti man mano in un computer, anzi nel Computer Supremo che il grande Bill Gates del Creato ci ha fornito cadauno.Con la sua infanzia rifecero capolino emozioni e persone dimenticate, storie cancellate, sorrisi e pianti. Dolori forti, anche, che la sorpresero in un pianto dirotto.E poi amori passati, viaggi, tanti volti … la sua vita… in un viaggio breve ma intensissimo che la lasciò esausta e dolente.

Recherche … non era un caso che negli ultimi tempi leggesse come ossessionata la lunga opera di Proust. Ricerca del tempo perduto. Ricerca di sé.

Cercare, cercarsi e non trovarsi… Ritrovarsi. E promettere di non perdersi mai più.

Haima riaccese la luce e si guardò allo specchio.

Gli occhi scuri cerchiati dal pianto. Avvicinò il proprio viso allo specchio, sempre più vicino fino a sfiorarlo.Si scrutò così negli occhi con uno sguardo penetrante che non avrebbe rivolto nemmeno al grande amore della sua vita…Nella pupilla di solito un po' velata rivide riapparire una luce antica, che veniva da chissà dove… comunque da molto lontano. I due sguardi si congiunsero fulminanti.

Haima era tornata.


(GCP)

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