mercoledì 15 settembre 2010

Io e il mio "Franchino"



Lunedì 13 settembre la Fondazione Milan ha portato in esposizione nella Galleria di Via Chiapponi a Piacenza tutti i cimeli provenienti dalla mitologica Via Turati, la strada di culto per noi tifosi milanisti.
Nel pomeriggio si è tenuta a San Rocco al Porto (paese in provincia di Lodi ma a tre o quattro chilometri da Piacenza, appena al di là del ponte) una partita tra le Glorie del Milan ( tra cui il Capitano, Massaro, Vierchowod, Eranio, Carbone, Di Canio, ecc) e una formazione di Formec Biffi, l'azienda sponsor dell'evento.

MA TUTTO QUESTO PER ME E' ININFLUENTE: C'ERA LUI, IL "MIO FRANCHINO", IL MIO CAPITANO.

La storia è lunghissima, come ormai la mia vita.
I protagonisti sono tre: una bambina, suo papà ex calciatore di belle speranze bloccato da un infortunio al ginocchio e da un padre che voleva che diventasse un impiegato, il suo adorato zio scapolo che riempiva una vita vuota da moglie e figli con sua nipote e con il Milan.
Tutti e tre avevano un idolo in comune, Franco Baresi.
Il papà l'aveva "scoperto" seguendolo addirittura quando giocava nelle giovanili.
La bambina lo conosceva fin dallo scudetto del 1979 e scriveva di lui nei temi.
Poi quando si era ammalato di setticemia ed aveva rischiato di morire e quando il Milan era andato in serie B due volte -e lui era rimasto - l'aveva mitizzato.
"E'come Ettore" scriveva alla povera maestra che, probabilmente, leggeva perplessa.
Poi erano arrivati brutti momenti in famiglia, ma proprio brutti, e l'adolescente ex bambina, molto solitaria, si consolava leggendo la Gazzetta con le imprese di quello che era diventato il suo eroe.
Odiava Bearzot perché non l'aveva chiamato in nazionale. Gli preferiva giocatori di mezza tacca ( a suo avviso), come Tricella, Righetti... e lei li odiava ( poveretti, cosa fa il tifo...).
Poi il ritorno in nazionale dopo l'esilio, i successi, gli enormi successi con il Milan. Sempre con le braccia al cielo a sollevare tutte le coppe esistenti al mondo.

Baresi era lei. Il simbolo di una rimonta possibile, una rimonta nella vita.
E poi in casa c'erano problemi, come capita spesso nelle famiglie e lo sport, il Milan, diventava una lingua franca per dirsi che ci si voleva lo stesso, nonostante i problemi.

Così il regalo di un giornalino come Forza Milan con l'immagine del Capitano poteva essere un ramoscello d'ulivo. Una notte passata assieme a vedere una partita intercontinentale un modo per sentirsi vicini, un ricordo indelebile di un rapporto padre-figlia forte nonostante tutto.

Caro Franco, anzi il mio Franchino come sanno tutti i miei compagni di scuola juventini che mi prendevano in giro, tu sei stato tutto questo per me.
Grazie di avermi baciato, di esserti fatto fotografare con me per mezz'ora, a momenti, di aver completato il gagliardetto che il caro Zio Emilio mi aveva comprato e che aveva fatto firmare da tutti i grandi della tua squadra.

Mancavi solo tu, il mio idolo di tutti questi anni, il mio amore di bambina.

Scusate Giusynauti, non so se capirete. Per me è stato tanto tanto importante come non riesco nemmeno a spiegare.

Ciao Franz, ciao Ufo, ciao Capitano.
Grazie del regalo immenso.

1 commento:

  1. Delle anime come la tua, candida e "bambina", è pieno il cielo; dell'esperienza, che ha segnato la tua vita, anche se hai tentato di occultarla,sono piene le pagine della tua poesia.
    Vale
    ELLE Senior

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