mercoledì 5 ottobre 2011

Lettere di uno Zio a sua nipote

Tanti anni fa c'era una bambina inquieta e un po' solitaria (da grande sarebbe rimasta un po' inquieta, un po' solitaria e un po' bambina ma è un'altra storia) che sentiva sempre parlare di un misterioso prozio, che abitava lontano e scriveva poesie.
Non l'aveva mai visto perché era anziano e non poteva fare lunghi viaggi.
O forse era un po' pigro.
Andarlo a trovare sarebbe stato troppo costoso per la sua famiglia, a quell'epoca.
L'unica testimonianza della sua esistenza erano delle strane fotocopie di giornali che mandava a tutti i parenti sparsi per l'Italia che contenevano le sue poesie.
Un altra prova erano i soldini che le mandava per Natale. CInquantamila lire con un vaglia. "Alla cara niporina. Zio Alberto"
Che poi poteva essere anche come la storia di Babbo Natale.
Così a tredici anni un giorno la nipote scrisse allo zio " Caro zio Alberto..." e lui le rispose.
La bambina scriveva anche lei delle poesie, molto infantili, inesperte e si vergognava a fargliele leggere. Ma un giorno non se ne vergogno più e lo zio Alberto gliele mandò corrette!! "Troppi aggettivi, c'è una ripetizione, non andare a capo basta che sia..."
E poi "Togli, togli... più togli meglio è, la poesia è concentrazione, non è un racconto"
Così la bambina cominciò a togliere. Nel frattempo aveva preso confidenza con il misterioso zio Alberto e gli raccontava un sacco di cose.
Forse per rimediare alla poca confidenza che aveva con suo nonno, suo fratello. Reale ma tanto tanto distante.
Passarono gli anni e una volta al mese nella cassetta della posta c'era la lettera dello Zio Alberto. "Ma che cose tristi che scrivi... alla tua eta!"
Lo zio, bisogna dirlo, aveva uno stile un po' ridondante e man mano che la bambina cresceva lo trovava un po' datato, un po' obsoleto. Alla Carducci.
Ma questo faceva pare del suo personaggio.
E poi le sue tragedie la facevano un po' sorridere. In realtà aveva un altro lavoro e scriveva per passione.
"Sagra di sangue" aveva sempre colpito la sua immaginazione. Che buffo suo zio!
Così passionale e pieno di vita a ottant'anni.
Le sue lettere scritte con la sua inconfondibile, brutta calligrafia ( quella geroglifica, quasi incomprensibile, comune a tutti i Cafari Panico, quella che ho anch'io) finché non cominciarono a tremargli le mani e cominciò a usare la macchiana da scrivere Olivetti 22 , quella con cui scriveva le sue poesie.
Aveva un circolo di amici un po' pomposi anche loro. Il suo migliore amico era "Il prof. Vizzaccaro" che gli dedicava prefazioni magniloquenti. "Il Cafari dimostra la sua grande maestria pittorica nel dipingere emozioni indimenticabili ;))" che lui ricambiava con identitica ammirazione.

Finalmente un giorno, dopo quindici anni di corrispondenza andai... oops, l'ex bambina andò a trovarlo nella sua casa del Sud, una casa tipica del Meridione, con quel decoro e quell'accoglienza difficile da descrivere.
Era solo di passaggio e poté incontrarlo per un'ora solamente.
Lo zio Alberto era già malato e aveva già novant'anni. Eppure, come raccontò in seguito la figlia, per accogliere la sua amata nipotina ( di cui conservava tutte le foto, che teneva sul suo scrittoio) si era andato a mettere il vestito "buono", quello gessato. E in giacca l'aveva accolta in casa.
Non si erano mai visti, e lei aveva trent'anni.
Lui la abbracciò appena, un po' schivo. Ma negli occhi aveva un luccicchiò che tratteneva una lacrima. Le fece mangiare due porzioni di pastiera. E parlarono come se avessero proseguito la loro ultima lettera.
Le parlò di storia, di Paestum e dei soldati greci poco virili che spinsero le loro donne ad aprire le porte della città ai Sanniti.
"Quanto assomigli a zia Virginia" le disse. E chiedeva alla moglie e alla figlia, che lo guardavano con benevola sopportazione.
Non è facile vivere con una persona malata di scrittura. Io posso capirlo, perché forse non è facile nemmeno stare con me.

Un'ora insieme. Poi non si videro mai più

Intanto la nipote aveva cominciata a scrivere con un po' più di convinzione e lui mi incoraggiava "Per aspera ad astra" e poi "Esercizio, ci vuole esercizio".
Le lettere con sempre più cancellature bianche, corrette da una grafia sempre più tremule.
"Sto scrivendo il mio nuovo libro, devo rileggerlo per farlo pubblicare. E poi la storia della nostra famiglia, ma non te l'hanno data?" anche a novantadue anni aveva un sacco di progetti.

A diciotto anni mi aveva fatto partecipare al primo premio letterario della mia vita, a Cassino, la sua terra d'origine e avevo vinto il terzo premio. Era molto orgoglioso e aveva avvertito tutti i parenti. Quello che lo guardavano con un po' compatimento, come l'eccentrico della famiglia.

Poi il silenzio. La casella vuota.
La telefonata di sua figlia. Fine.

Mi rimasero tante lettere, tante fotocopie, tante sue cose. Che conservo gelosamente.
Piansi tanto. Gli volevo tanto bene. Più che agli altri parenti di mio padre.

Un uomo che avevo visto solo una volta, per un'ora.

Riporto una delle sue poesie più belle, dedicata alla mia bisnonna, morta sotto le bombe degli Alleati a Ferentino, vicino a Montecassino, durante la famosa battaglia della seconda guerra mondiale.

Mamma

Su negre fosse e intorno ad ogni croce
i crisantemi tornarono a fiorire
mentr'io malato, stanco di soffrire
volevo bruciar la terra e il ciel feroce.

Da quando tace, o mamma, la tua voce
che lacrime e dolor sapea lenire,
non ho più fede e amor mi fa impazzire
il tuo calvario, la tua morte atroce.

A nulla, a nulla vale, ahimé! cercare!
Dove, fra tante ignore e mute tombe,
riposan, mamma, l'ossa tue sì care?

Perché non parli, mamma? Dove giace
il corpo lacerato dalle bombe?
Abbi pieta d'un figlio senza pace.

( Alberto Cafari Panico)


Dopo tanti anni, miracolosamente, l'ex ragazzina ha ritrovato un altro zio.
Uno zio non di sangue ma "di anima".
Sempre lontano, sempre virtuale. Magicamente residente nella stessa zona di suo zio.
Che nutre la sua anima di letture, di articoli di giornale, di poesie, e di lettere, lettere, lettere...
Attento e affettuoso consigliere e un grande amico. Oltre che un grande scrittore e una bella mente, vivace e sensibilissima.

Mi viene quasi da pensare che lo zio Alberto si sia riincarnato o che mi abbia trovato un suo degnissimo sostituto in questa strana avventura che è la vita.

A te, caro mio ricreato zio Alberto, dedico questo post.
So che mi leggi, che mi leggi solo qui. Come le persone che preferisco, forse quelle che mi vogliono più bene.
E ti ringrazio di aver colmato questo mio vuoto.
Seppur da lontano.
Ma le persone che amo di più sono sempre lontane, si sa.
Sia nel tempo che nello spazio. Mai nella mia anima.

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