domenica 25 dicembre 2011

Buon Natale!

Cari amici, cari Giusynauti ;),
per festeggiare il Natale sono andata a tirar fuori un mio vecchissimo racconto, molto ingenuo e acerbo, scritto per i bambini, che riporta i ricordi del mio Natale di ragazzina..
E' la storia del mio presepio, di cui andavo orgogliosissima, e dei miei angioletti, che conservo ancora tra i miei tesori più preziosi. Spero di non annoiarvi e ve lo ripropongo...
Buon Natale!




 UN PRESEPE , UN NATALE

La neve artificiale, fatta con la farina, imbiancava le montagne del presepe. I tre Re Magi sui loro sontuosi cammelli percorrevano la prateria verde piena di muschio, nascondendo nelle bisacce oro, incenso e mirra.
Carlotta, ventitré chili di vivacità e dolcezza, sapeva che il presepe va costruito con passione, che ci vuole del tempo per renderlo davvero speciale. Ma soprattutto che bisogna farlo con tanto amore, altrimenti non potrà mai incominciare la grande magia del presepe di Natale.
Prima di tutto il cielo stellato, le aveva insegnato la nonna. Un cielo né troppo chiaro, né troppo buio. Luminoso e pieno di stelle, come è il cielo in campagna a mezzanotte. Bisogna incollarlo a un cartone, come uno scenario. E poi bisogna costruire le fondamenta, con tanta pazienza : stendere qualche vecchio giornale in terra, appoggiarci la carta verde, non quella liscia, altrimenti le pecorelle scivolerebbero a gambe all’aria come su un pavimento di cera. Ci vuole il terreno da presepe, che si vende a metratura, aspro e graffiante come la carta vetrata.
Carlotta era diventata grande, e quell’anno aveva avuto l’onore di deporre la Capanna. L’aveva sollevata dalla scatola degli addobbi di Natale con solennità e, seria seria, l’aveva deposta al solito posto, nell’angolino sinistro della prateria.
Ma le montagne, quelle no, non era abbastanza  adulta per crearle. Ci voleva la fantasia e la grande maestria della mamma.
Carlotta, a bocca aperta, vedeva la mamma accartocciare la carta striata verde e marrone, stringerla forte tra le mani fino a farla diventare uno straccio e poi, come per incanto la carta, lasciata andare, era diventata un susseguirsi di cime tonde o appuntite e di piccoli calanchi. La mamma sistemava la montagna più grande dietro la Capanna, la bombava un po’ per renderla maestosa, poi faceva digradare i rilievi.
Carlotta  aveva sistemato la piccola città che le aveva regalato il nonno proprio dove le montagne stavano per giungere in pianura, poi aveva posato il ponticello, sempre più smozzicato dal tempo. La nonna aveva tagliato un pezzetto di carta d’alluminio per ricoprire i dolci e lo aveva trasformato in un laghetto da mettere sotto il ponte e dove mettere subito gli anatroccoli e i piccoli cigni, che erano appartenuti alla mamma da bambina.
La bambina si era sentita come il Signore nei giorni della Creazione. Tutto era pronto : le stelle, la terra, l’acqua, le montagne... mancavano solo gli esseri viventi. Da dove cominciare ? Carlotta lo sapeva : era lei adesso che era investita dell’onore di sistemare le statuine e sentiva un grande senso di responsabilità.
Il primo ad entrare era sempre l’asino, grigio e bruttino, ma già pronto a scaldare il Bambinello, insieme al bue, che Carlotta sistemò subito dopo. Ed ecco Gesù Bambino, tenero e bellissimo  nella mangiatoia gialla, con gli occhi vispi quasi come i suoi, che sembravano guardarla e ammonirla. - Sarò buona Gesù Bambino, te lo prometto, giurava Carlotta deponendolo nella Capanna. E poi la Madonnina, a braccia aperte, con il sorriso dolce e il manto azzurro. E il buon Giuseppe, vestito di marrone, con una lucerna in mano ed il bastone.
Il più era fatto, oramai. I Re Magi bisognava farli partire dal fondo, perché dovevano arrivare solo il giorno dell’Epifania, meglio metterli vicino alla palma. E gli altri ? Il pastore biondo ricciolino, doveva essere il primo ad arrivare da Gesù, seguito dalle sue pecorelle e dagli altri pastori con i loro greggi. Carlotta si ostinava a voler mettere le pecorelle anche sul ponticello, ben sapendo che era così sconnesso che ogni tanto se ne cadevano in acqua con gli anatroccoli.
E poi il vecchietto delle caldarroste, il fornaio, l’arrotino, la vecchietta che filava la lana, i viandanti sul somarello, i due bevitori che brindavano alle porte della città, la donnina che portava in dono la frutta, quella che reggeva l’anfora sulla testa... In men che non si dica le quaranta statuette che da generazioni si erano accumulate nella scatola del presepe avevano trovato il loro posto, sempre lo stesso, quasi loro stesse indicassero alla mano di Carlotta o di sua madre dove volevano essere appoggiate.
La nonna aveva messo il muschio sul terreno. La mamma era andata in cucina e le aveva consegnato uno scolino pieno di farina, con cui doveva imbiancare il presepe.
Era la cosa che Carlotta amava di più. Poggiava la manina sui buchini avanti e indietro ed ecco scendere la neve sulle case, sulle cime dei rilievi, sulla povera Capanna, persino sulla palma e sulle teste dei Re Magi, rendendo il paesaggio fiabesco e soprannaturale.
Si era stiracchiata, era già un ora che stavano lavorando !
Ma mancavano le sue statuine preferite, i suoi angioletti. Quello azzurro lo aveva chiamato Gabriele, quello rosa Raffaele, come gli arcangeli. Avevano le stesse faccine che erano scolpite sulla sua catenina del battesimo. Erano gli angeli di Raffaello, le aveva spiegato la mamma ; erano veramente belli e adorabili, con le ali dorate, e portavano nelle mani una stoffa bianca con scritto .
La posa degli angeli era il momento più buffo per Carlotta, perché bisognava sistemare Gabriele e Raffaele in modo che sovrastassero la Capanna, ma non era possibile usare fili o incollarli da qualche parte, così ci voleva un trucco magico.
All’ingresso della Capanna c’era un piccolo albero inaridito, senza foglie, con solo qualche rametto. Carlotta aveva imparato dalla mamma a mettere il povero Gabriele in bilico, incastrato nel piccolo intrico dell’albero. Un piedino nudo appoggiato su un rametto, la manina al tronco. Doveva cascare cinque o sei volte prima che riuscisse a rimanere stabile e miracolosamemente sospeso nell’aria. Raffaele dava meno problemi e si accontentava di appoggiarsi ad un calanco della montagna.
Quando Carlotta , alla fine, posava sul tetto della Capanna la stella cometa, la nonna le  diceva - Brava !- e lei si sedeva per terra ipnotizzata dal suo piccolo capolavoro.
Carlotta guardava e guardava. Ogni tanto le sembrava di entrare nel bellissimo mondo che aveva creato e a volte parlava al vecchietto delle caldarroste, per chiedergli se c’era veramente tanto freddo e se il fuoco lo scaldava a sufficienza. Il caldarrostaio le era grato per l’interesse : nessuno lo teneva in considerazione, brutto e vecchio com’era e per ringraziarla le aveva regalato una castagna che si era mangiata di nascosto dalla mamma.
Al bel pifferaio aveva dichiarato il suo amore e lui aveva zufolato per lei tutte le sue più belle melodie. Una volta aveva un po’ stonato e le pecorelle del bel ricciolino erano cadute nel lago per lo spavento, ma Carlotta le aveva salvate.
La signora con l’anfora le aveva fatto assaggiare il suo vino e i due bevitori le avevano raccontato una barzelletta. - Siamo qui da tanti anni- le avevano detto. - Se non ci si fa quattro risate...-
I Re Magi erano un po’ scorbutici, ma si sa, erano dei nobili e poi erano quelli che si dovevano spostare di più, attraversare tutta la prateria, sgomitare tra le pecore e gli altri pellegrini per arrivare da Gesù.
Di Gesù , di sua mamma e di suo papà, aveva un po’ soggezione e non parlava mai con loro. Gabriele, invece era un chiacchierone e si lamentava di essere costretto a fare l’equilibrista. Un giorno l’aveva portata a fare un bellissimo giro appoggiata sulle sue ali e da lassù aveva salutato tutti, anche la Madonnina che le aveva rivolto un cenno gentile con la mano.
Il giorno di Natale si faceva coraggio e, mettendosi in coda, dietro gli altri, andava da Gesù Bambino e gli baciava un piedino.
- Carlotta- gli diceva la Madonnina - qualunque cosa succeda, non ci dimenticare mai, non scordarti mai di farci entrare nella tua casa.
Ma erano venuti anni bui e tutti, Gabriele, il ricciolino, il bue erano rimasti in soffitta chiusi nella scatola, anno dopo anno.
Ma un giorno tornò il sole e Carlotta, sessanta chili di vivacità e di dolcezza, riaprì la scatola.
Gabriele le volò attorno arrabbiato e le disse che si doveva consultare con gli altri per decidere se perdonarla di essersi dimenticata di loro.
Il consulto durò parecchio e Carlotta temette di non potere più avere il dono della compagnia dei suoi amici. L’amicizia va coltivata, non può essere rovinata dall’oblio e dalle vicende della vita.
Versò una piccola lacrima che cadde - Pluff !- sul piedino del Bambinello.
Quando si asciugò gli occhi vide che il presepe si era creato da solo, uguale a come l’aveva sempre fatto. O forse era stata lei a farlo ancora una volta, con una tale disinvoltura e rapidità che sembrava si costruisse da solo.
- Bentrovata Carlotta - dissero in coro Gabriele e Raffaele, mentre dalle lacrime di lei sorgeva, come un alba dopo una notte buia, il suo più bel sorriso. - Buon Natale ! - rispose.

GCP, tanti anni fa






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